
Lo studio
Bai e colleghi hanno valutato gli effetti della curcumina in un modello in vitro di infezione di macrofagi umani, costituito da una linea cellulare di questi monociti. La curcumina è stata testata alla concentrazione che aveva dimostrato precedentemente di indurre l’apoptosi dei macrofagi. A concentrazione, la curcumina è riuscita a inibire la crescita intracellulare del micobatterio e, nei macrofagi infettati, la curcumina avrebbe ridotto il numero di batteri intracellulari vivi raccolti dopo quattro giorni di infezione. La curcumina, inoltre, avrebbe indotto il meccanismo dell’autofagia e un aumento, dose-dipendente, dell’apoptosi delle cellule infettate con micobatterio. “Si tratta di un risultato molto importante – ha sottolineato Bai – dal momento che i macrofagi possono uccidere il micobatterio attraverso l’autofagia e l’apoptosi, che sono i più comuni meccanismi di protezione dell’organismo contro agenti patogeni”. Esperimenti futuri indagheranno invece l’inibizione della caspasi-3, un componente chiave del processo di apoptosi, da parte della curcumina e la capacità di questa sostanza di inibire l’attivazione del legame di NF-kB indotta dal batterio. “Anche se i risultati sono promettenti, sono necessari studi in vivo per capire se la sostanza può essere utilizzata nella pratica clinica”, ha concluso il ricercatore.
I commenti
Secondo Daniel Kalman, della Emory University di Atlanta, in Gerogia (USA), “la curcumina ha notoriamente una scarsa biodisponibilità in vivo, per questo è importante capire se le concentrazioni efficaci in vitro possono essere raggiunte quando somministrata come farmaco. Inoltre la curcumina altera diverse vie cellulari, così possono probabilemente esserci effetti oltre quelli desiderati. Resta da capire se questi effetti sono buoni o cattivi per i pazienti con tubercolosi”. Per capire comunque se sarà utile contro la tubercolosi, “ci sarà bisogno di molti studi in vivo, per valutare, tra l’altro, l’efficacia, la farmacodinamica e la farmacocinetica e se somministrare anche gli antibiotici. Altri ricercatori hanno provato, ma non è una strada facile con questa molecola”, ha concluso Kalman.
Fonte: Respirology 2016
Will Boggs MD
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
